C' era una volta un pezzo di legno ; non un legno di lusso, no! un semplice pezzo di legno, di quelli che d'inverno si mettono sul camino, perchè alimentino un bel fuoco. E quel pezzo di legno, non so per qual caso, capitò fra le mani di mastro Antonio, un falegname che tutti chiamavano mastro Ciliegia perchè aveva la punta del naso lustra e paonazza come una ciliegia matura.

- Ne farò una gamba di tavolo - si disse mastro Ciliegia, rigirando fra le mani quel pezzo di legno.

E si mise all'opèra, cominciando a scortecciarlo. Ma quando stava per calare il primo colpo d'ascia, si fermò con l'arnese sospeso a mezz'aria, perchè una vocina sottile sottile bisbigliava : - Non picchiar troppo forte...- .Mastro Ciliegia stava ancora chiedendosi chi mai avesse parlato (infatti era solo nella botteguccia), quando sentì bussare alla porta.

- Avanti, - disse il falegname senza aver la forza di rizzarsi in piedi. 

Entrò allora nella bottega un vecchietto arzillo, il quale aveva nome Geppetto; ma i ragazzi del quartiere lo motteggiavano col soprannome di Polentina a causa di una parrucca gialla come la polenta, che il vecchietto usava portare.

- Buon giorno, mastr' Antonio - disse entrando.

- Son venuto per chiedervi un favore.

- Dite pure, mastro Geppetto

- M'è passata pel capo un'idea. Vorrei costruirmi un burattino che sappia ballare e far salti mortali, con il quale girare il mondo per guadagnarmi un boccone di pane ed un bicchier di vino - . Avrei quindi bisogno di un pezzo di legno adatto al caso mio.

- Bravo Polentina !... - gridò la vocetta che già conosciamo.

A quell'esclamazione mastro Geppetto montò su tutte le furie.

- Perchè m'offendete? - chiese rivolto a mastr' Antonio.

- E chi mai v'offende? Non ho neppur aperto bocca...

- M' avete chiamato Polentina !

- Vi ripeto che non ho aperto bocca!

Ma Geppetto non volle sentir ragione ed i due arzilli vecchietti passarono dalle parole ai fatti e si strapparono le parrucche. Alfine, però si calmarono e riconosciuti i reciproci torti, si riappacificarono ed alla fine mastro Geppetto se ne andò con il suo bravo pezzo di legno.

Appena giunto a casa, Geppetto prese gli arnesi e cominciò ad intagliare il burattino che aveva ideato. E mentre lavorava, pensava al nome che avrebbe affibbiato a quel suo capolavoro.

- Lo chiamerò Pinocchio - concluse. - Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto un'intera famiglia di Pinocchi e tutti erano felici! il più ricco di loro chiedeva l'elemosina...

E così pensando e borbottando, il vecchietto lavorava di lena. Intagliò la testa, vi fece i capelli, la fronte, gli occhi... Ma immaginate la sorpresa di Geppetto, quando, appena finiti gli occhi, si accorse che questi si muovevano e che lo guardavano fisso fisso.. - Occhiacci di legno, perchè mi guardate?.. - chiese risentito. Ma non ebbe risposta alcuna.

Dopo gli occhi, fece il naso; ma il naso, appena modellato, cominciò a crescere, a crescere in modo spropositato. Il vecchietto si affannava a tagliarlo, ma più lui tagliava, più quel naso cresceva e diventava lungo... Spazientito, Geppetto lasciò che quel naso assumesse le dimensioni che voleva e passò alla bocca. Questa non era ancora finita che cominciò a ridere ed a canzonarlo.

- Smetti di ridere !... - urlò Geppetto adirato. Ma era come parlare al muro. Ripetè il comando, urlando ancor di più; ed allora la bocca smise di ridere, ma cacciò fuori una spanna di lingua e cominciò a far boccacce.

Geppetto, per non guastar gli affari suoi, finse di non vedere e continuò il lavoro; ma non aveva ancor quasi finito le mani, che il burattino gli afferrò la parrucca e gliela tolse dal capo. - Pinocchio, rendimi la mia parrucca!

Ma il burattino, invece di obbedire, si mise in testa la parrucca di Geppetto. A questo gesto, il vecchietto, fattosi triste in volto, commentò: - Birba d’un figliolo! Non sei ancora finito e già manchi di rispetto a tuo padre! Male, ragazzo mio, male!

Quando Geppetto ebbe finito di intagliargli i piedi si sentì arrivare un calcio sulla punta del naso. - Me lo merito - disse fra sè. - Ora è troppo tardi dovevo pensarci prima !  

Poi prese il burattino e lo posò per terra. Pinocchio aveva le gambe ancora intorpidite e non sapeva muover­le; ma dopo che Geppetto lo aiutò a fare qualche passo, le articolazioni si sciolsero ed in breve Pinocchio comin­ciò a far salti e capriole,  a correre per la bottega ed infine infilò l’uscio e fuggì per la strada.

Ed il povero Geppetto lo rincorreva con quanto fiato aveva in corpo ed urlava: « Prendetelo !... Prendetelo !... » ; ma la gente, a quello spettacolo di nuovo genere, si fermava trasecolata a guardare.

Ad un tratto una guardia sbarrò il passo a Pinocchio e, quantunque il burattino avesse tentato di sgusciarle tra le gambe, afferrò per il naso il fuggitivo. Sopraggiunse, ansante e trafelato anche Geppetto; ma la gente faceva ressa e commentava a modo suo l' accaduto. - A casa faremo i conti... - diceva Geppetto. - Povero burattino, - commentava la gente - ha ragione di scappare, quel Geppetto è davvero senza cuore... chissà come lo batterà...

Tanti furono i commenti sfavorevoli a Geppetto che la guardia rimise in libertà Pinocchio e condusse in prigione il povero Geppetto. - Sciagurato figliolo, - commentava il vecchietto seguendo la guardia - ed io mi ero illuso di far di lui un burattino per bene! Dovevo proprio pensarci prima !

Così Pinocchio se ne tornò a casa solo. Ma appena si fu messo a sedere per terra, pensando alle emozioni della fuga, sentì una vocetta :

- Cri-cri-cri...

- Chi mi chiama?

- Sono io, il Grillo parlante.

- Ebbene, che vuoi ?

- Sei stato cattivo, Pinocchio! Guai ai figli che si ribellano ai genitori! Prima o poi se ne pentiranno amaramente... Dovresti almeno andare a scuola! - Taci, Grillaccio del malaugurio ! - Povero grullo !... Crescerai un gran somarone! Se non vuoi andare a scuola, imparati almeno un mestiere!... Mi fai compassione! E quel che è peggio, gli è che hai la testa di legno!...

A queste parole Pinocchio s'infuriò e, preso un martello, lo scagliò contro il Grillo parlante e disgraziatamente lo colse proprio nel capo e lo uccise. Ancor tutto emozionato per quella lite così tragicamente finita,. Pinocchio, sentendosi avvilito ed abbattuto, si avvicinò al camino e si addormentò.

Ma, per il calore, i suoi piedi, che erano di legno, a poco a poco si carbonizzarono.

sul far del giorno fu risvegliato da alcuni colpi battuti alla porta. Pinocchio si destò, si stropicciò gli occhi, si alzò per andare ad aprire, ma solo allora si accorse di non poter camminare... - Aprimi, Pinocchio - gridava intanto Geppetto dalla strada. - Non posso camminare... non ho più i piedi... - rispondeva il burattino. piagnucolando. - Non posso star ritto... credetemi...

Geppetto allora entrò dalla finestra e, credendo che il burattino gli avesse raccontato una frottola, era deciso a punirlo a dovere. Ma quando vide Pinocchio che si trascinava per terra e che era davvero senza piedi, si commosse, lo prese in braccio e si accinse a rifargli i piedi, non senza prima avergli dato da mangiare, essendosi accorto che stava per morire di fame. - Mi prometti che sarai buono? '­chiedeva Geppetto, mentre lavorava. - Velo prometto. E prometto anche che andrò a scuola e che sarò  bravo ! .

Appena il burattino si accorse di avere di nuovo i piedi, saltò giù dal tavolo e cominciò a far salti e capriole. - Babbo, - gridava - voglio andare subito a scuola…­ Il buon  Geppetto, a quelle parole, gongolava di gioia. Cucì a Pinocchio un bel abitino di carta, gli fece un berrettino a punta e corse à comperargli l'abbecedario. E per questo acquisto, non esitò a vendere la sua casacca.

Ma Pinocchio sapeva far proponimenti, ma non sapeva altrettanto mantenerli. Così. mentre si recava a scuola, non appena udì una certa musichetta che usciva da una gran baracca di legno,' dipinta a mille colori, si fermò a curiosare.

- Che c' è in quella baracca ? chiese ad un ragazzo.

- Non sai leggere? E' il « Gran teatro dei Burattini », ed occorrono quattro soldi per entrarvi.

Pinocchio ardeva dal desiderio di vedere il teatro dei burattini. Alla scuola ormai non pensava più. Ma do ve prendere i quattro soldi? Trovò alfine un rivenditore di libri usati che per quella cifra gli acquistò l'abbecedario...

Quando Pinocchio entrò nel teatro ,dei burattini, accadde una mezza rivoluzione. Arlecchino, che stava recitando la sua parte, restò muto, guardò verso il fondo della platea, poi gridò : - Ma quello è Pinocchio !... Pinocchio....

La commedia andò a monte. Tutti i burattini della compagnia accorsero presso il nuovo venuto, lo circondarono, lo trascinarono con loro tra le quinte, mentre, il pubblico protestava. A quel baccano accorse il burattinaio, di nome Mangiafuoco ; un gigante , spaventoso a vedersi, con una tremenda barbaccia nera, ma in fondo era un bravo uomo.

I burattini, spaventati, si erano riti­rati in un angolo, cosicchè il povero Pinocchio si trovò a tu per tu con quell' uomo dall'apparenza tremenda.

- Pietà, signore, - disse Pinocchio fra le lacrime.

- Chi sei e che vuoi tu qui? – e così dicendo Mangiafuoco starnutì poderosamente. - Salute! - disse Pinocchio.

- Sei un bravo figliolo! Vieni e dammi un bacio.

Pinocchio non se lo fece ripetere; arrampicandosi lungo la barba di Mangiafuoco, salì a posargli un bacio sulla punta del naso.

Poi il burattino raccontò tutta la sua storia ed il burattinaio, impietosito, gli donò cinque monete d' oro, facendosi promettere che le avrebbe portate subito a babbo Geppetto. Pinocchio promise, ringraziò e scappò via di corsa. Ma strada facendo, s'imbattè in una Volpe zoppa ed in un Gatto cieco.

- Buon giorno, Pinocchio - gli disse la Volpe. - Dove vai tanto di corsa?

- Dal babbo! Ho una buona notizia per lui. Sono diventato ricco...

E così dicendo, mostrò le monete avute in dono da Mangiafuoco.

- Oh, ragazzo fortunato! - intervenne il Gatto. - Se avessi io quelle cinque monete in breve le moltiplicherei e di molto...

- In che modo ? - chiese Pinocchio incuriosito.

- Devi sapere - spiegò la Volpe che nel paese dei Barbagianni vi è, un campo, detto « Campo dei Miracoli » e nel campo vi è un albero. Ora, seppellendo ai piedi di quell'albero, ad esempio, uno zecchino, il giorno seguente ne trovi come minimo un ramo carico.

Il Gatto e la Volpe tanto dissero e tanto fecero, che Pinocchio si lasciò infinocchiare, seguì quei due manigoldi, fece ciò che gli dicevano e mentre stava curvo sulla buca scavata, fu preso a tradimento, e derubato delle cinque monete d'oro ed appeso ad un ramo dell'albero stesso.

Mentre il burattino penzolava più morto che vivo, la bella Fatina dai capelli turchini si affacciò alla finestra della sua casetta, vide Pinocchio e, impietosita, volle correre in suo soccorso. Comandò al Falco azzurro che col suo grosso becco rompesse la corda che teneva sospeso Pinocchio ed a Medoro, il Can barbone, che andasse a raccoglierlo con la carrozza e che glielo portassero nella sua casetta.

Quando fu alla presenza della Fatina, Pinocchio ebbe vergogna di se stesso e non sapendo come giustificarsi, cominciò a narrare una serqua di bugie.

Ma di mano in mano che parlava, il suo naso aumentava di lunghezza.

- Perchè ridete ? - chiese Pinocchio a coloro che l’ attorniavano.

- dici troppe bugie, ragazzo mio - lo rimproverò la Fatina - Ma siccome mi sembri pentito, ti accorcerò il naso e ti prometto che, se vorrai metter giudizio e mantenere il proponimento di studiare, appagherò un tuo grande desiderio.

- Cioè?

- Finirai di essere un burattino e diventerai un ragazzo come gli altri. Pinocchio era al colmo della gioia. Promise, ringraziò e promise ancora. Dopodichè la Fatina gli permise di tornare dal babbo.

Ma come giunse in paese, Pinocchio s'imbattè in un suo amicone, un tal Romeo che però tutti chiamavano Lucignolo, perchè era lungo, secco ed allampanato come lo stoppino di un lumino da notte.

Lucignolo era il ragazzo più svogliato e più birichino di tutta la scolaresca, ma Pinocchio gli era molto affezionato.

- Pinocchio, - gli disse Lucignolo non appena lo vide: - vuoi venire con me'? Vado nel più bel paese di questo mondo, nel « Paese della Cuccagna » ! - La buona Fata mi ha detto di tornare dal babbo...

- A mezzanotte passerà la carrozza che mi porterà al paese di cui ti ho detto; vieni con me! Vedrai quanto ci divertiremo ! - e niente scuola !... Pìnocchio non seppe resistere ed alla mezzanotte salì con Lucignolo ed altri ragazzi su di una carrozza trainata da dodici pariglie di ciuchi. Pinocchio, Lucignolo e tutti gli altri ragazzi che avevano fatto il viaggio verso il « Paese della Cuccagna », appena ebbero posto piede nella « Città dei Balocchi », si trovarono in mezzo ad una gran baraonda. In quella città vi era ogni sorta dì divertimenti.

- E' una vita veramente piacevole - diceva Pinocchio.

- Non avevo forse ragione? - incalzava Lucignolo.

Ed intanto il tempo passava ed i divertimenti non avevano termine. Dei libri, neppure l'ombra, ma in capo a cinque mesi le cose cominciarono a cambiare. Una mattina Pinocchio, destandosi, ebbe una sgradita sorpresa. . Si accorse, con spiegabile sgomento, che le orecchie gli si erano allungate di un palmo. E prima di sera, tanto lui che Lucignolo, erano mutati in due perfetti asinelli.

Pinocchio pianse e pianse, ma non vi era rimedio alcuno. Anzi, gli capitò di peggio, perchè il giorno seguente fu venduto ad un barrocciaio che aveva appunto bisogno di un ciuco. Qual fatica tirare il carretto, povero Pinocchio! E fu tanto il suo cruccio che un giorno, stremato dalla fatica, cadde e si ruppe una gamba. Il barrocciaio non stette tanto a riflettere.

- Non mi servi più come somaro , - gli disse. - Ti caverò almeno la pelle. E detto fatto, gli legò una corda al collo e lo buttò in mare per annegarlo e poi scuoiarlo.

 

Ma la buona Fatina vegliava su quel disubbidiente di Pinocchio ed ancora una volta venne in suo soccorso. I pesci mangiarono le sembianze dell'asino e il burattino, liberato da quelle parvenze, si mise a nuotare allegramente. Stava tornandosene a riva, quando.., orrore !... Un mostro immane, con la bocca enorme spalancata, venne verso di lui e l'inghiottì all'istante. Sceso nello stomaco della balena ( che tale era il mostro che aveva inghiottito Pinocchio ), il burattino scorse una tenue luce; vi si indirizzò e trovò nientemeno che suo babbo Geppetto.

Dopo un monte di abbracci, i due si narrarono vicendevolmente come mai fossero giunti in quello strano luogo ed alla fine concertarono il modo di fuggire. Infatti, durante la notte, mentre la balena dormiva, russando con la bocca spalancata, Pinocchio e Geppetto risalirono piano piano la gola del mostro e riuscirono ad evadere da quella insolita prigione.

- Aggrappatevi alle mie spalle -  ­disse Pinocchio a Geppetto, quando furono in acqua. - Al resto penso io. Pinocchio nuotava vigorosamente, ma la riva era ancora lontana. Ad un tratto ecco un grosso pesce affiancarsi ai due nuotatori.

Era un Tonno, certo inviato dalla buona Fatina, il quale velocemente trasportò i due fino alla spiaggia. Dopo mille ringraziamenti, Pinocchio e Geppetto si misero in viaggio per tornare al loro paesello, ma non avevano ancor fatto cento passi che si videro venir incontro due brutti ceffi.

Erano il Gatto cieco e la Volpe zoppa; ma quanto mutati da un tempo! La Volpe era zoppa davvero ed il Gatto era proprio diventato cieco.

- Brutti ceffi! - esclamò Pinocchio quando li riconobbe. - Mi avete ingannato una volta, ma non vi sarà tanto facile ingannarmi una seconda. - Oh, Pinocchio! Credici, siamo disgraziati veramente !...

- Peggio per voi e ben vi stà - rispose il burattino e piantò in asso quei due che erano stati la causa di tante sue disgrazie.

Dopo lungo cammino Pinocchio e Geppetto giunsero ad una casetta. Erano sfiniti per le fatiche e decisero di chiedere ospitalità. Bussarono.

- Chi è ? .- chiese una vocina.

- Siamo padre e figlio senza pane . e senza tetto.

- Entrate.

Pinocchio spinse il battente. Entrò, ma non vide persona alcuna.

- Chi è il padrone di questa casetta ? - chiese guardandosi attorno.

- Sono io, quassù.

Pinocchio alzò lo sguardo in direzione della voce e vide nientemeno che il Grillo parlante.

- Oh, caro Grillo - disse il burattino. - Vedo che sei ancora in vita. Vorrai perdonarmi quello sgarbo che ti feci un tempo...

- lo avrò pietà del tuo babbo e di te. Ma ricordati che a questo mondo bisogna esser gentili con tutti. Non si sa mai quel che ci può capitare... A proposito, sai che la buona Fatina è tanto ammalata per colpa tua?

- Per colpa mia?..

- Sì; per tutte le tue disubbidienze e per tutte le promesse che non hai mantenuto.

- Oh, povera Fatina e dove si trova ora ? Voglio andare subito da lei per dirle tutto il mio dolore e per prometterle, ma questa volta senza dubbio che manterrò ciò che prometto, che se guarirà diventerò un bravo ragazzo. - Andrai domani. Ora riposati.

E Pinocchio si addormentò. E sognò…

Sognò la Fatina buona, sognò tutte le sue monellerie passate, sognò i dispiaceri arrecati al buon Geppetto e nel sogno ancora una volta promise di ravvedersi una volta per sempre.

A questo punto il sogno svanì e Pinocchio si risvegliò. Era già giorno fatto ed il burattino balzò in. piedi di colpo.

Ma quale non fù la sua meraviglia!..  Non era più un burattino di legno, ma un ragazzo come tutti gli altri.

Corse da Geppetto, lo abbracciò e gli chiese :

- Babbino, spiegami la ragione di questo meraviglioso cambiamento!

- E' merito tuo. Questa volta il pentimento è stato sincero e quando i bambini da cattivi diventano buoni, mutano anche di aspetto.        .

- E il burattino di legno dov'è andato a finire?

- Eccolo - gli rispose Geppetto, indicandogli un grosso burattino, appoggiato ad una sedia, con le gambe incrociate e la testa ripiegata sul collo. Pinocchio si voltò a guardarlo poi esclamò:

 Addio per sempre, burattino!

Fine